Memorial: Lucio Dalbuono racconta 'la Sindrome di Carabelli'

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"Non è male ricordare  la vita, gli errori, le glorie dei vecchi. L'esempio conta. Omero raccontava ai Greci le imprese del divino Achille. Noi, più modestamente, ricordiamo le imprese dei nostri padri e dei nostri nonni rugbisti. Che però non sono prive né di gloria, né di note, a volte, eroiche". Scrive così Lucio Dal Buono, terza linea biancorossa e autore di RUGBY MILANO 1945-1968, ed è l'incipit del suo Memorial,  una raccolta di poesie e di ritratti degli eroi senza medaglia dell'ASR.

 

La sindrome di Carabelli

Forse non sapete che una via di Milano è dedicata a Carabelli. E chi era Carabelli? Era il tallonatore del Guf Milano ( cioè della squadra da cui derivò la Rugby Milano)  degli anni 35 -40. Un ragazzo tracagnotto con la faccia bonaria (era soprannominato il Pancio), che però, evidentemente, aveva una tempra fuori della norma. Quando un matto di quei tempi impregnati di retorica dannunziana, che si chiamava Teseo Tesei ( e già il nome dice che tipo era) organizzò un gruppo di sommozzatori e di arditi del mare, Carabelli vi si arruolò.   L'impresa ebbe un ottimo risultato: gli uomini di Teseo Tesei. affondarono due corazzate inglesi. L'unico, o  quasi, risultato positivo ottenuto nella nostra disgraziata seconda guerra mondiale.   Tra le tante imprese, Teseo Tesei organizzò anche un assalto a Malta, allora  piazzaforte della marina inglese.   Era un assalto con i barchini.   Gli italiani, nella seconda guerra mondiale, unirono un incredibile inefficienza a livello dei  comandi, ad un altrettanto incredibile eroismo nelle azioni individuali, condotte spesso in stile  Kamikaze. Carabelli  era a bordo di un “barchino”.  Era un motoscafo imbottito di esplosivo, che doveva lanciarsi, nella, alquanto folle, visione di Teseo Tesei,   alla massima  velocità, contro la nave nemica.   Poco prima dell'impatto il pilota doveva buttarsi in mare con un giubbotto salvagente.  Roba da matti.
Ebbene, all'ingresso del porto di Malta, i barchini italiani ebbero la sgradita sorpresa di trovarsi davanti un inaspettato ed invalicabile  muro di reticolati. Il nostro Carabelli pensò che l'unica possibilità era di fare un buco nei reticolati, che avrebbe permesso ai compagni di dilagare nella baia e di attaccare le navi.     Si lanciò coscientemente  contro i reticolati, sapendo di morire ed esplodendo sul suo barchino.    I suoi compagni raccontarono di avere visto una gran palla di fuoco con in mezzo,  a braccia e gambe aperte, Carabelli.  Gli fu data la memoria d’oro alla memoria ed a lui è intitolata una via di Milano vicino al Centro Direzionale. 

Sono sicuro che anche voi  avete avuto una esperienza del genere: nella partita ci sono dei momenti in cui si manda tutto a fanculo. In cui ci si butta e se la va, la va.  Se no, va molto male (anche se non si muore) , ma si fa quello che si doveva fare.  E' la sindrome di Achille.    E  di Carabelli.

Molti di voi hanno conosciuto Beppe Ceriana.  Beppe era stato un forte giocatore del Guf Milano.  Si è arruolato volontario come ufficiale medico nella Folgore ( la famosa divisione di paracadutisti)  nella seconda guerra mondiale. Ha partecipato alla battaglia di El-Alamein,  è stato fatto prigioniero.  Nel dopoguerra è stato primario pneumologo nell'Ospedale di Varese. Ma sopra tutto è stato un eccezionale scrittore e poeta.  Vi suggerisco di leggere le sue poesie di prigionia e, poi, quelle di amore. Lasciano senza fiato e rispecchiano, in maniera mirabile, quello che ognuno di noi, se è un uomo, ha vissuto.  E' stato un grande. Misconosciuto, ma grande. Molto, ma molto più grande dei Moravia, degli Eco, di tanti che vanno per la maggiore e che valgono molto meno.

Ebbene, Ceriana ha avuto la fortuna o la sfortuna di vedere i suoi amici morire prima di lui. Ha fatto per loro poesie mirabili. In ognuno di loro vi è lo  spirito di noi rugbisti.  Vediamone qualcuna

Guidobono Cavalchini era un nobile tortonese, cioè un “Mandrogn”, così si definivano gli Alessandrini e i Tortonesi. Anche Ceriana lo era.     Guidobono  era un nobile e, come tale, ufficiale di un reggimento di cavalleria.  Ecco il suo epitaffio,  ovviamente di Beppe Ceriana:

Per Guidobono Cavalchini
Certo, nel Tuo ultimo ritorno
 a Borgo Adorno
hai riguardato quella verde piana
di  Castelnuovo  e di Tortona antica
feudo degli avi.
Hai sorriso al Borbera
al ritrovarlo.
Il torrente selvaggio
tra i dirupi,
poi al castello, nitido sul colle.
Hai ritrovato, io penso,
in quel ritorno, il gioco rude,
i compagni della giovinezza.
Così io credo, perchè Ti sento
ancora accanto, Giampaolo,
fianco a fianco,
con la Tua chioma rossa,
e la Tua grinta.
Tu mi lanciavi
un Tuo sorriso sghembo,
con l'ammiccar degli occhi,
come a dire:
“Suma mandrogn, tutt dù”.
Noi eravamo sempre
alla rissa pronti
ad all'abbraccio.

Certo correva in Te  quel sangue antico
del Guidobono, guerriero del Carroccio,
rosso di chioma e con il fuoco dentro
a bruciar Barbarossa imperatore
vincere infine e vendicar Tortona.

Tutto ritorna, amico,
E noi pensiamo
 a Te ravvolto dentro alla bandiera
del Reggimento
che fu per te recuperata e salva.
“O vivo insieme a Lei
oppure morto”, Tu ricordavi.
Fu questo il giuramento.
Un atto, un sentimento di altri tempi?
Tutto ritorna: il sangue non si spegne.
Una bambina dai capelli rossi,
scende per salutarti,
quella strada di Borgo Adorno
verso il cimitero.

E il grande Norsa?    Lo vedevo spesso al Giuriati, spettatore delle nostre partite.  Mi guardava con quell'occhio benevolo che si riserva solo ai figli ed ai nipoti degli amici.   Ma me ne accorgo solo adesso.  Allora non lo capivo.     Ma forse è più facile se vi dico che era il fratello di Franca Valeri. Ma è riduttivo: era uno di quei grandi Ebrei  che si installano, potenti, nella nostra storia. 

Per Giulio Norsa
Correvo dentro il fango,
braccato, esausto e mi sentivo preso,
ma la Tua voce nota mi chiamava
Ecco rivedo quei Tuoi occhi chiari,
nel volto nero.
Nero del nostro fango del Giuriati:
fu tua la palla,
in gran falcate  la portasti in meta.
Poi la Tua mano sopra la mia spalla
e il Tuo sorriso.
Voglio pensarTi così e ricordarTi
sempre pensoso e saggio
con la calma dei forti.
Amico Giulio, ci sarà
io penso, un luogo bello dietro quel sipario,
dove riposano i forti, i generosi,
come sei stato Tu.
Tale nel gioco,
tale nella vita.

Bebbe Ceriana ha poi dovuto piangere anche la morte di mio padre Bruno.  Bruno è stato uno dei primi ingegneri elettrici di Italia (allora l'elettricità era come l'informatica oggi), grande giocatore di rugby  dalla resistenza leggendaria, alpinista ed alpino, musicista, pittore, scultore e poeta.   Però un uomo sfortunato: distrutto dalla morte per suicidio di un figlio giovanissimo.

In ricordo di Bruno
Vorrei ricordarTi così
nella corsa possente ad inseguire,
ad artigliare nel gioco duro.
RicordarTi nella forza intatta
più che sessantenne
camminare per aspre strade
sopra gli erti dossi.

Ti rivedo però nella mia casa
seduto tristemente
a raccontare giorni di strazio.

E' una bestemmia forse
Ma perchè proprio a Te,
io mi domando:
Perchè proprio a Te
tanto dolore?

Fu quel dolore certo,
ad intaccare la persona salda,
a cancellare quel sorriso lieto,
sorriso illuminante di fanciullo.

Ma noi ci ricordiamo quel sorriso, Bruno,
gelosamente lo teniamo dentro,
a darci luce nella lunga strada....

Sappiamo che Tu puoi,
vuoi darci aiuto.

E infine permettetemi un mio piccolo contributo. So che non è all'altezza. Ma, quando è morto Curioni, è morto per me un grande amico. Ed  ho scritto, di getto,  questa poesia, che non ho mai pubblicato, fino ad ora.    Ma che considero un doveroso omaggio ad un altro grande uomo e grande  amico.  Non la ho mai pubblicata, sopra tutto perchè risente del mio spirito da Cassandra, che non è mai, come sempre accade alle Cassandre, profetesse inascoltate, accolto  molto volentieri.   Ma, d'altra parte, che volete, conoscere ed accettare la Verità è la nostra caratteristica umana più peculiare.   E Voi, che uomini siete, questa brutta Verità la dovete accettare e , semmai,    come hanno fatto i nostri grandi, cercare di cambiare questo strano mondo in cui stiamo.

A Gianni Curioni
Di cupa tristezza s’inonda il mio cuore
L’amico ormai muore.
Il ricordo mi prende
Di lontane vicende, di fatti
Dal vento portati, ora lieti, ora tristi.
Di mio Padre amico Tu eri
E all’esequie del Padre 
vicino il Tuo cuore sentivo.
Con Beppe parlavi di tempi lontani.
Di uomini forti. Di armi.
Di fermi destini. Di umano sentire.
Voi grandi. Voi forti.
Di Te, di Voi,  orbo mi sento. Degli Itali tra gli ultimi eri.
A noi,  copie sbiadite, lontano il ricordo ci appare.
Tremenda  dei tempi risuona la  voce.
Con Voi sta morendo  l’itala stirpe.

Vorrei terminare poi con una bellissima poesia di Beppe Ceriana.   I rugbisti della sua generazione stavano tutti morendo.   E lui ha cantato la struggente tristezza della fine dei suoi amici.

Vogan Luntan i amis
Vogan luntan i amis
in d'ul pasà di an
Come i foii d'autugn
in d'ul bufà d'ul vent

Quaichi dùn ancamò al resta
Tacà'l so ram,
par vidè i amis
ca vogan via,
par specià anca lù
da voga via.

Vogan luntan i amis
ma fin indua?
On ciel, sa dis
ca vogan i amis

Ma il mister resta
Perchè da la l'è scur
A sa po' mia vidè
A sa po' mia savè 

Nella foto da sx in alto: Bertolini (all.) Ferrini, Calvi, sconosciuto, Malgrati, sconosciuto,  Popi Clerici,  Tamara,  DalBuono, Rivieri. Accosciati:  Carabelli, Norsa, U.Tosi, Ceriana, C.Tosi

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