Derby

Derby. Basta la parola per issare il pelo del petto, per accendere un'altra sigaretta, per scovare agonismi a parte. Rivalità, in rima con città. La stessa, appunto. Milano, nello specifico. La base, il sottofondo culturale è calcistico, vivendo in un posto diviso tra Inter e Milan, da sempre. Per noi, con la crapa ovale, la questione è più articolata essendo stereofonico l'antagonismo, più di due le squadre insediate, diversi spesso i campionati di appartenenza. Non a caso abbiamo in canna ASR Milano- Chicken -Cus Milano. E cioè, ASR Milano da una parte, Chicken e Cus Milano dall'altra, fuse, unificate dopo aver giocato contro altri derby più o meno fangosi. Come da sana tradizione, la sfida tra fratelli oppone non soltanto due colori ma due filosofie, due mentalità, due diversi sensi di appartenenza. Per quanto riguarda l'ASR è presto detto: poveri ma belli, magari dentro, orgogliosi di far parte dell'unica società milanese che non cambia, non vende, non compra, non svende. Che, modestamente, resiste, evitando di pasticciare con i denari, i cartellini, le persone. Qualcosa di opposto a quanto accaduto, per esempio, all'Amatori che a furia di sbausciare si è stinta, estinta, autotravolta; di diverso a quanto mostrato dal Cus, la cui matrice -Cus, appunto- pare slegata assai agli atteggiamenti recenti. Piuttosto, Chicken. Ecco, gialli e verdi come erano, come ricordiamo, poveri e orgogliosi anche loro ma simili, più simili al bianco-rosso dell'ASR. Con un capo storico e indimenticabile, il Ghezzi, che stava là, con i calzoni rivoltati, le scarpette, piantato nel fango, nella neve come un faro alimentato dalla passione. Un uomo grande, a dispetto della statura, al quale un po' tutti, persino chi non ha fatto in tempo a conoscerlo, possono dedicare un pensiero felice, cercando di giocare, di vincere, di onorare un altro capitolo della sfida.

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